All’Alpe di Siusi, il giorno di Natale

Individuo ingabbiato che non sa
gioire dei piaceri effimeri in cui
la gente annega l’irrequietudine
del sopravvivere,
isolato sul culmine di una altura
fisso estatico la cerchia regale
dei monti innevati e al mio cospetto
macchie d’ombra entro il bosco, là dove
gli abeti si sono scrollati via
dalle fronde il candido gravame.
Attorno ferve la frenesia policroma
degli sciatori, spavaldi e ilari
in picchiata giù da pendii
addolciti dalla neve.
Già uno spicchio di sole è calato oltre
il massiccio dello Sciliar ed impende
il presagio dell’ombra, ad ammutire
i luccichii che lievitandola esaltano
l’intatta distesa del candore.
Sotto il cielo di turchese, inciso
da mano d’artista indiato, l’irto
profilo dei pinnacoli del Sassolungo,
la roccia dolomitica irradiata
dall’estremo soleggiare diffonde
la magia fiabesca dell’enrosadira.

Voluttà di azzerare il rovello che mi strazia,
buttarmi lungo la china a capofitto
come un fanciullo ridendo della mia imperizia;
ah, la conquista di spazi intatti
nell’anima, dove pulsa albale
l’empatia per i volti ignoti che lambisco
e l’urgenza di spiare la trama celata
dell’essere si stempera estenuata
in un estatico affisare
lo splendore rosato delle alture!

25 dicembre 1978